IN VIAGGIO DA AVEZZANO A SULMONA

Pasqua 2003. Fuori dalla stazione di Avezzano c’è meno caos del solito; poco traffico, poca gente; anche all’interno della stazione le persone sono davvero poche, e te ne accorgi subito dal momento che non c’è fila alla biglietteria. Fa anche poco freddo, fatto abbastanza raro in questo periodo in questa zona dell’Abruzzo. Biglietto, andata e ritorno…seconda classe s’intende, con destinazione Sulmona, la patria dei confetti e dello scrittore latino Ovidio Publio Nasone. Il binario del treno per Pescara è il terzo. Il vasto piazzale interno della stazione di Avezzano è desolatamente vuoto: nessun treno in sosta, nessun merci in movimento nel vicino scalo, nessuna Aln per Roccasecca che borbotta al binario 1a. Le persone in attesa del treno sono poche…10 massimo 15, il che la dice lunga sull’efficienza della ferrovia Roma - Pescara. Meglio l’autostrada seduti nella propria auto o su uno dei tanti autobus Arpa che collegano Avezzano alla costa adriatica. Verso le 9 e 15 si sente un rombo: arriva il treno ma non è il mio, bensì una tripla di Aln 668 da Cassino che arriva col suo carico umano (anche consistente direi) nel capoluogo morsicano, in tempo per la coincidenza col treno per Pescara. Ore 9 e 32: un sibilo corre lungo le rotaie e dal curvone della linea di Roma spunta il muso di una E656, “il caimano”, in livrea originale, con al seguito la composizione di 4 MDVC e una semipilota, il massimo della lunghezza a cui arrivano i treni Roma - Pescara. La poca gente in banchina si affolla verso la carrozza centrale, lasciando a mala pena scendere chi è arrivato a destinazione. Le estremità dei convogli in questo caso sono dei “paradisi”: al massimo trovi 2 o 3 persone, anzi in questo caso erano…4! Dopo la rituale sosta il treno riparte verso la sua meta; tra Avezzano e Sulmona abbiamo fermata solo a Celano/Ovinoli, Cocullo e Goriano Sicoli. La velocità aumenta, cresce, raggiungiamo e superiamo rapidamente i 100 km/h. Sfiliamo in mezzo alla periferia est di Avezzano, un misto di baracche post terremoto, stradine che si perdono nel nulla, villette e palazzi modello Hinterland milanese. È qui che la tragedia del sisma si avverte maggiormente che nel resto della Marsica, con una crescita caotica e disordinata. Paterno e S.Pelino, le 2 popolose frazioni avezzanesi lungo la via Tiburtina, condividono una fermata lungo la linea di Pescara, fermata da tempo soppressa e abbandonata alla crescita di piante qua e là, come  fosse un giardino. Il tratto quasi in rettilineo tra Avezzano e Celano di 10 km viene coperto in 8 minuti.“Celano, stazione di Celano regionale per Pescara in partenza dal binario 2” gracchia l’altoparlante della stazione. Lassù in alto ci osserva l’imponente Castello Piccolomini, la cui vista spazia su tutta la sottostante piana del Fucino. 11 mila abitanti, porta d’accesso al Fucino per i viandanti che venivano dall’Aquila, oggi Celano ha perso la funzione di crocevia di genti tra il nord e il centro della provincia aquilana, a seguito della costruzione dell’autostrada, così come da molti decenni la transumanza verso il foggiano, che a Celano aveva il punto di partenza, è divenuto un ricordo vago. Finiti i rettilinei e i percorsi in pianura, inizia la salita. Le curve si fanno più strette, il percorso più tortuoso, che sembra formare delle onde. E Aielli si avvicina, sbuca dopo una curva, col suo piccolo agglomerato storico raccolto sulle pendici del monte S.Nicola. Il “caimano”  corre, non si ferma, supera la piccola fermata di Aielli, con un fabbricato forse esagerato per le dimensioni e per il colore; uno sbiadito miscuglio di verde oliva e verde pisello, nulla a che vedere con la tinta rosata di Celano. Aielli scalo, la frazione del piccolo centro, che lo supera in dimensioni e numero di abitanti, la attraversiamo rapidi prima di lasciarcela alle spalle ed entrare nella prima e breve galleria. Ed ecco Cerchio e più in giù ancora Collarmele, distanti pochi km l’uno dall’altro, quasi fossimo in un’area metropolitana di una grande città, dove i sobborghi si rincorrono l’un l’altro. L’altitudine aumenta, anche se non sembra. Ormai siamo molto più in alto della riva della piana del Fucino, un tempo sommersa dall’acqua, una pozza immensa e a tratti malsana, che formava il lago di Celano. Sotto di noi l’autostrada, una lingua nera e vasta, dove le auto sfrecciano ben oltre i 130 km/h, quasi ci superano. Entriamo sferragliando sugli scambi della stazione di Cerchio a tutta velocità, quasi non c’è tempo per affacciarsi fuori e scattare foto. Siamo passati  da un architettura squadrata, dominata da linee essenziali dei fabbricati di Celano e Aielli ad una linea a suo modo più elegante e ricercata nei bordi delle finestre che non sembrano più delle caselle quadrate, ma assumono un aspetto più signorile. Cerchio e Collarmele sono separati da un torrente; il primo si trova lungo una diramazione della via Tiburtina, lungo la strada che porta ad Aielli, il secondo è invece attraversato dalla consolare, prima di addentrarsi nel Parco Regionale del Sirente - Velino. Pochi abitanti, poche case, molto verde; sono queste le caratteristiche che accomunano tutti i paesi della zona. Il treno supera  Cerchio, entra in galleria, corre in serpentina sui fianchi dei monti, entra a Collarmele da sud, tagliando a metà il paese. La stazione si trova ad est del piccolo centro, in curva e presenta un discreto numero di binari, segno che in passato la stazione conosceva anche un movimento merci. La curva non attenua la velocità del treno che si spinge fuori dall’abitato, inseguendo le montagne che anticipano il Parco Nazionale d’Abruzzo. L’altitudine cresce insieme all’aumento delle nuvole, sempre più scure man mano che ci avviciniamo alla nostra meta. Ora siamo in compagnia dell’autostrada che ci guarda da sotto; non un paese, non una casa. Avezzano è ormai lontana, laggiù sotto la mole del Monte Velino, che sembra voler affermare anche in lontananza, il suo aspetto imponente e dominatore della Marsica. Ecco Pescina, città natale di Mazzarino, con la sua stazione solitaria posta al bivio con il casello autostradale, quasi ad indicare simbolicamente la scelta che l’uomo compie tra treno e macchina…e la risposta è scontata. Col suo giallo ocra, la stazione appare lucente sotto un raro raggio di sole, che illumina anche il paese, disteso lungo il corso del fiume Giovenco. Entriamo in mezzo alle montagne, lasciandoci la conca del Fucino alle spalle. Vedendo la natura selvaggia del luogo, vengono alla mente gli sforzi fatti dagli uomini per portare la ferrovia in questi luoghi, per strapparli all’isolamento secolare a cui erano abbandonati. La Valle del Giovenco si apre; tutt’attorno montagne e boschi, interrotti dai piccoli paesi della zona. Lontano si vede arroccata Ortona dei Marsi, immersa nel cuore della Marsica. In alto sul monte Mezzana si vede una forma dapprima indefinibile, poi esemplare: una figura di un orsetto seduto, ad indicare il parco Abruzzo, patria dell’orso marsicano. E col verde della zona sembra intonarsi la tinta della stazione di Carrito/Ortona dei Marsi, al termine di una stradina che porta alla frazione Carrito. Dopo pochi km la luce sparisce;veniamo ingoiati dalla galleria di Carrito, la più lunga della linea che qui tocca il suo apice ad oltre 960 metri di altitudine. Dopo 5 km di buio, usciamo all’aperto; il cielo è nuvolo, l’aria fredda. La veloce uscita dalla galleria sembra  ci faccia scontrare con le case del paese di Cocullo, noto per la festa di S.Domenico e le serpi, una delle più folcloristiche della regione. Una tagliente curva allontana il treno dall’abitato e dopo una breve galleria entriamo nella stazione di Cocullo, in perfetto stile alpino, col tetto sostenuto da travi di legno sporgenti. Cocullo, 900 abitanti, la prima fermata che effettuiamo dopo 25 km di corsa tra le montagne. Scendono in 2, probabilmente studenti di ritorno dalla capitale, visto che a Cocullo il treno mattutino Roma - Pescara ferma solo al venerdì. Dietro a noi il paese, arrotolato su se stesso, come una cascata di case dalla sua collina, dove a maggio la vita sembra risvegliarsi con la festa di S.Domenico e le centinaia di serpi che vengono collocate sulla statua del santo e portate in processione per tutto il borgo. Qui sembra che il tempo si sia fermato; ad eccezione di qualche macchina, le abitazioni sono tutte abbastanza antiche: niente intonaci lucidi, muri a scorza, e un paesaggio soffocato dalla mole delle montagne che privano la vista dell’ambiente attorno. Sulmona sembra lontana anni luce. Dopo Cocullo si entra in una seconda, lunghissima galleria che piega verso nord. Siamo a 16 km in linea d’aria da Sulmona ma 400 metri più in alto. La luce ritorna, siamo sempre in mezzo alle montagne, ma su un costone a strapiombo. La motrice da il meglio di sé, affrontando curve e discese senza slittare mai, ad un’andatura sostenuta, serpeggiando lungo quella parete sassosa e bianca, infilandosi in trinceroni scavati nella roccia. Poi una curva, lunga, interminabile e in basso un paese, bianco, dominato da una chiesa con una grande facciata, una cattedrale che però lascia intendere la “recente” costruzione dopo i danni del terremoto. È Goriano Sicoli, e sembra di volarvi sopra. Ci fermiamo; ultima fermata prima di Sulmona. Siamo almeno 200 metri più in alto del piccolo paese. Anche qui solo un paio di persone scendono dal treno. La luce del sole è tornata accecante, anche se l’aria è sempre fredda. Gli ultimi 23 km sono tutti in discesa, lungo il fianco del Monte Prezza. Il treno inanella una serie di gallerie e sbuchiamo nella Valle dell’Aterno. In basso c’è Raiano con la sua stazioncina sulla Terni - Sulmona, anche se in un lontano passato, uno dei tanti caselli diroccati lungo questo tratto di linea fungeva da fermata per i viaggiatori provenienti dalla Capitale. Della fermata di Raiano Superiore, non c’è più traccia, cancellata dal tempo e dalla natura. In discesa libera passiamo per Prezza, con la sua stazione in stile alpino colorata con un rosso rubino. Il paese è separato dalla stazione da un vallone. Ci scontriamo di nuovo con l’autostrada, ma questa volta “contro mano”. Mentre noi scendiamo, l’autostrada risale, verso Roma, e quanto sono in contrasto tra loro i viadotti con le arcate della ferrovia e gli orribili piloni in cemento che sostengono l’autostrada.  Sembra di ritornare indietro, verso le gole che abbiamo appena superato, quand’ecco la stazione di Anversa - Villalago,  posta lassù, al termine di una carrareccia, in mezzo al nulla, con il paese di Anversa nascosto dalle profonde gole scavate dal fiume Sagittario. A questo punto la linea, dopo un altissimo viadotto sul fiume, si arrotola su se stesse, descrivendo un angolo di 180°, in galleria, puntando di nuovo verso il mare. Scendiamo rapidamente, abbandoniamo le pareti rocciose, ritornando in pianura dopo oltre 50 km. Dritto davanti a noi c’è il monte Maiella, una delle montagne più note dell’Appennino abruzzese, coperto dalle nuvole che ne nascondo la cima.  La velocità, ostacolata da curve e pendenze, torna elevata, sfrecciando davanti la stazione di Bugnara, che ci vede dall’alto del suo colle. Si corre in una campagna coltivata, con sullo sfondo la zona industriale di Sulmona. Ultima galleria, ultima curva; ci affianchiamo al binario delle splendida linea da Castel di Sangro prima di fare il nostro ingresso, a velocità ridotta, nella stazione di Sulmona, dopo un’ora di viaggio. Il nodo sulmonese, che oggi appare l’ombra di quello che era una volta, è punto d’incontro di tre linee: la Roma - Pescara , linea per L’Aquila e Terni e la linea per Isernia e Napoli. Sulla banchina c’è molta gente; a differenza della stazione di Avezzano qui ci sono altri 3 convogli. Una massa umana scende dal treno, si infila nei sottopassaggi, corre verso l’uscita scontrandosi con chi deve prendere il treno. Ore 10 e 40 partenza del regionale per Pescara, ore 10 e 42 partenza del regionale per Roma Tiburtina, ore 10 e 46 partenza del regionale per Terni, ore 10 e 47 partenza del regionale per Castel di Sangro; i treni partono ad uno ad uno, quasi fossero pronti ad una gara di velocità. In pochi minuti i binari di Sulmona si svuotano, ritornano deserti…la quiete dopo la tempesta diremmo. La biglietteria della stazione è deserta e immersa nella penombra. Fuori il cielo è terso e sulla piazza della stazione ci sono solo auto parcheggiate. Siamo a circa 1 km dal centro della città. All’esterno è monumentata  una 625. Vicino sorge la chiesa della Madonna del Pellegrino eretta a ricordo del violento bombardamento del 1943 che devastò Sulmona, uccidendo centinaia di persone (addirittura le acque del vicino fiume Gizio diventarono rosse per il sangue delle vittime). L’antica Solimo, si trova ristretta tra i corsi dei fiumi Gizio e Vella ed è tagliata a metà da corso Ovidio. Dalla stazione al centro c’è un autobus ogni 15 minuti. Ad anticipare il centro storico c’è la gotica Cattedrale, circondata dal parco della Villa Comunale, nella Sulmona ottocentesca. A differenza di Avezzano, che appare come un unico agglomerato privo di confini tra centro e periferia, qui si nota subito la differenza: sul lato destro del torrente Vella sorge l’agglomerato moderno, con i suoi palazzoni e le sue strade squadrate. Sembra di essere in una metropoli affollata; gente che va e viene da tutte le parti, comitive di turisti stranieri, negozi in grande stile. Eppure la città supera di poco i 25.000 abitanti. Corso Ovidio è l’arteria commerciale del centro storico, totalmente pedonale. Vi sorgono la chiesa dell’Annunziata, splendido monumento cittadino, rimaneggiato nel 300 e nel 700,  e il museo Civico. Il cuore propulsore del centro è la piazza Garibaldi, circondata dall’acquedotto che porta l’acqua da Corfinio. Qui ha sede il mercato cittadino e nei pressi si trova la chiesa di S. Martino della Scarpa. Sulmona è famosa nel mondo per essere la patria dei confetti, e un turista se ne accorge per la presenza di numerosissimi negozi che vendono questi dolci. I più rinomati sono i confetti Pelino, la ditta produttrice più antica. Dopo uno scroscio di pioggia, arriva l’ora del ritorno. Il cielo è nero, ma l’atmosfera colorita compensa il brutto tempo. La strada viene percorsa a ritroso, si esce da Corso Ovidio, ci si allontana dalla cattedrale, e si ritorna in stazione. La biglietteria è vuota. Nessun treno per Roma nelle prossime 3 ore; solo treni locali. Il piazzale di Sulmona è vastissimo, complice la presenza del Deposito Locomotive, il più importante dell’Abruzzo, che fornisce i mezzi diesel per le linee Sulmona - Carpinone, Sulmona - Terni, e per le corse locali per Avezzano, Pescara e Teramo. Sul binario 4 c’è il regionale per Avezzano, di fronte il locale per Terni. Sono le 2 del pomeriggio, i treni sono pieni di studenti che ritornano a casa dalle scuole. Anche ora c’è di nuovo la maratona. Prima il treno per Pescara, poi quello per Castel di Sangro, poi Avezzano e per ultimo il Terni. La tripla di automotrici Aln 668 esce da Sulmona affiancando il Deposito, entra nella galleria Bocca di Roma ,e si appresta a compiere l’ardua risalita per il Fucino. Bugnara, Anversa, Prezza, si ci ferma e si riparte nel deserto di queste piccole stazioni di montagna. A Goriano Sicoli scende molta gente e incrociamo il locale Avezzano - Sulmona, anch’esso composto da 3 Aln 668. il treno è lento, si insinua nelle montagne con meno disinvoltura del treno mattutino, frena ad ogni curva e ad  ogni stazione. Ed ecco Cocullo, poi Pescina, poi Collarmele e poi Cerchio; gente che sale e scende. Aielli appare di nuovo piccolo sul suo colle, con la sua stazioncina verde, senza nessuno ad attendere il treno. Poi di nuovo il Castello di Celano, e la periferia di Avezzano. Dal verde dei boschi al grigio dei palazzi in pochi km,  quasi senza avere il tempo di accorgersene. E li di fronte l’autostrada che sfida il treno. Entriamo ad Avezzano: i binari sono quasi tutti occupati dai treni di ritorno dalla capitale. Si esce dalla stazione, e si ricomincia.

GALLERIA FOTOGRAFICA

Il paese di Raiano

 

Il viadotto di Goriano

 

Il paese di Goriano

 

Il viadotto di Anversa

 

La torre di Pescina

 

L'orsetto disegnato sui monti di Ortona

 

La chiesa dell'Annunziata a Sulmona

 

Il corso Ovidio a Sulmona

 

Piazza Garibaldi a Sulmona

 

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